Il dormitorio principale del convento di San Domenico Maggiore, detto il Corridoio di San Tommaso, dove si trova la Cella di San Tommaso d’Aquino, fanno parte del percorso completo del Museo San Domenico Maggiore. Il Corridoio venne ristrutturato entro il 1685, dopo questa data si possono datare i venticinque dipinti murali con Storie della Vita di San Tommaso, lungo i due lati del corridoio, sugli ingressi alle celle dei frati, attribuibili al pittore tardo seicentesco Domenico Viola, con epigrammi riferiti alla vita di San Tommaso, che è stato possibile recuperare, seppure parzialmente, nell’ala del corridoio ancora oggi ancora abitata dai frati.
Della permanenza di San Tommaso d’Aquino restano diversi ricordi nel Museo San Domenico Maggiore. Nella Cella dove abitò per oltre un anno nell’ultimo periodo della sua vita (1272-74) si conservano cimeli e reliquie. La Cella di San Tommaso è al primo piano del convento, precisamente accanto all’ex biblioteca. La Cella si riconosce dai marmi che ne ornano l’ingresso. Il busto del Santo è di Matteo Bottiglieri (1720). La sistemazione attuale complessiva si deve a Muzio Nauclerio (m. 1747).
Dopo pesanti rifacimenti, l’ambiente è stato interamente recuperato dall’attuale restauro che ha consentito il ripristino della bicromia originale dei soffitti lignei laccati e dorati. La Cella vera e propria è il piccolo oratorio a destra entrando. Nella stanzetta che funge da sagrestia, sulla parete sinistra, il dipinto di San Tommaso d’Aquino, opera di Francesco Solimena. In basso, il reliquiario contenente l’omero sinistro del Santo. All’omero manca la testa dell’articolazione del gomito, staccata e rinchiusa nella statua argentea che si trova nella cattedrale, in occasione della proclamazione, nel 1605, di San Tommaso d ’Aquino a ottavo patrono di Napoli per voto fatto durante la peste del 1600. La reliquia, sistemata in un reliquiario recente, viene esposta nel giorno della festa del Santo.
Sull’altare è stata collocata la famosa tavola duecentesca raffigurante la Crocifissione di fronte alla quale San Tommaso, raccolto in preghiera, ebbe la visione di Cristo. Il Gesù in croce tra la Vergine e San Giovanni, indubbiamente uno dei migliori dipinti del Duecento conservati a Napoli, avrebbe rivolto a San Tommaso d ’Aquino le famose parole: Bene scripsisti de me, Thoma. La visione avvenne nella cappella di S. Nicola dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo a Morfisa.
Nel piccolo reliquiario presso la finestra, mezza pagina d’un codice autografo di San Tommaso, che si conserva nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Si tratta del commento al terzo libro delle Sentenze di Pietro Lombardo. Sulla parete sinistra, bolla originale con la quale nel 1567 Pio V proclamò l’Aquinate Dottore della Chiesa: tra le firme, quella del papa e di S. Carlo Borromeo. Nel vestibolo, la piccola campana che annunziava l’inizio delle lezioni del Santo.
Brevi cenni sulla vita di San Tommaso d’Aquino.
Tommaso dei conti d’Aquino nacque a Roccasecca nel 1225 e fu destinato alla vita religiosa per essere il figlio minore della casata. Frate domenicano, teologo e filosofo esponente della Scolastica, fu definito Doctor Angelicus dai suoi contemporanei.
Tommaso d’Aquino è uno dei principali pilastri teologici e filosofici della Chiesa cattolica e punto di raccordo fra la cristianità e la filosofia classica. Arrivato a Napoli per studiare all’Università e incoraggiato dal domenicano Giovanni di San Giuliano, vestì l’abito dell’Ordine a diciannove anni. Ritornerà a San Domenico Maggiore due volte: nel 1259, per continuarvi a scrivere la Summa contro Gentiles (vi resterà fino al 1261), e nel settembre 1272, per fondarvi uno Studio Generale (facoltà teologica) e comporvi la terza parte della Summa Theologìae. Non usa il latino della scuola di teologia, ma il volgare inteso dal popolo. Lascia il convento verso l’inizio di febbraio del 1274 per partecipare al Concilio di Lione. Muore durante il viaggio, nell’abbazia di Fossanova, non lontana da Terracina, il 7 marzo 1274.