Per superare le “guerre di religione” si separarono doverosamente la società civile e la chiesa. Questa separazione portò, però, all’opposizione tra fede e ragione, diffondendo un pregiudizio che nuoce alla ragione e non solo alla fede: “la fede crede e non deve sapere la ragione sa e non deve credere”. Le Lettere di questo saggio su Ripensare il pensiero si propongono di smontare teoreticamente questo pregiudizio superficiale, benché radicato ormai nel linguaggio della maggioranza, anche tra i credenti. In questo lavoro di decostruzione, l’Enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio resta una pietra miliare per l’oggi. L’opera pretende segnalare la possibilità di scrivere in filosofia e in teologia in modo nuovo, attraverso Lettere: è un genere letterario impegnato a semplificare la teoresi in un linguaggio auspicabilmente più accessibile, dedicato a una comunicazione sapienziale, non per questo meno scientifica. Indirizzate a Tommaso d’Aquino come a Blaise Pascal – ma anche a Benedetto XVI come a Papa Francesco o a filosofi quali Carmelo Ottaviano e a intellettuali viventi sul pensiero del Rosmini e su quello di Emanuele Severino, le Lettere riprendono la questione del rapporto tra fede e ragione quale bisogno culturale per l’intelligenza e per la vita.
Se davanti all’Impensabile, la ragione si arrende a tavolino, potrebbe trovarsi poi nella condizione di non comprendere tante esperienze vitali dell’uomo: condannandole all’irrazionalità, esponendole alla credenza (non criticamente controllata) e all’opinione soggettiva, espulse dal campo del pensabile. Dal sonno della ragione nascono idolatria e ideologia. Perciò la fede è interessata a ridestare la “ragione intera” (Benedetto XVI). La separazione moderna tra ragione e fede deriva da una “mancanza di razionalità”. Chi l’avrebbe detto! Non si perde la fede perché la ragione ne dimostrerebbe l’illusorietà, ma perché la ragione “getta la spugna” rispetto a ciò che la eccede e trascende.
Una teologia in dialogo con la filosofia, le scienze e tutti gli altri saperi dovrà farsi carico di una riflessione non negligente che sappia “ripensare il pensiero” anzitutto ristabilendo l’autentico (=giusto) rapporto tra la verità e la ragione, in una circolarità interrogante che stabilisca la giustizia della ragione, come anche la giustizia della verità: “come deve essere la ragione per essere come deve? E come deve essere la verità per essere come deve?”. Dentro le diverse prospettive dei saperi plurali – con la legittima autonomia metodologica delle rispettive scienze -, attraverso la transdisciplinarietà, sarà necessario convergere in una scienza dell’uomo unitaria (cfr. Veritatis gaudium n.4). È questa la via indicata per aiutare l’umano dell’uomo a crescere in umanità, evitando il degrado disumanizzante della barbarie, nelle tante forme violente dell’irrazionalità. Ripensando il pensiero, la teologia ripensa sé stessa e si propone quale “Teologia sapienziale che sa di carne e di popolo”, come sottolinea la Prefazione di Papa Francesco.